La Shoah negli scatti di una giovane donna

L’avventura di una ragazza ebrea, fotografa in erba nel periodo della Shoah, nella Francia occupata.

1941. Rachel frequenta una scuola diversa dalle altre, che stimola la creatività. Qui stringe forti amicizie e scopre la passione per la fotografia. Ben presto però le leggi contro gli ebrei si intensificano , e i ragazzi sono costretti a fuggire , aiutati da una rete di resistenti: devono dimenticare il proprio passato e persino cambiare nome. Rachel diventa Catherine e comincia una nuova vita, fatta di spostamenti, incontri, sorrisi e dolori, ma sempre con la sua macchina fotografica al collo, alla ricerca nonostante tutto, della bellezza.

La guerra di Catherine è una splendida graphic novel che ha riscosso subito un enorme successo tanto da vincere anche il Prix Jeunesse ad Angoulême. Abbiamo intervistato la traduttrice  del libro Elena Orlandi.

 

Cosa l’ha colpita di più della storia di Catherine?
Quello che mi ha colpito è stato il racconto di una pagina della storia del Secolo Scorso drammatica e anche molto frequentata dalla letteratura di ogni genere, da un punto di osservazione inedito. Il fatto che la protagonista, Catherine, ami la fotografia e si porti sempre dietro una macchina fotografica, la rende di per sé una spettatrice (e quindi più vicina al nostro punto di vista) oltre che protagonista di quello che succede. Mi ha colpito molto l’amore per quest’arte – allora ancora così giovane – e mi ha fatto riflettere l’idea che attraverso l’arte si possa diventare testimoni della storia.
Ci descriverebbe brevemente la protagonista Catherine?
Catherine è una ragazzina ebrea che ha perso i genitori, non sappiamo all’inizio se perché morti o dispersi. Ha quindi avuto una vita dura, ma ha forti doti di resilienza e non si lascia scoraggiare. Ama molto il prossimo ed è aperta al confronto, nonostante la vita abbia dovuto insegnarle la diffidenza. Ama la contemplazione, l’osservazione, ma ha un gusto spiccato per la verità delle cose: non ci si perde nel mondo dei sogni distaccandosi totalmente dalla realtà, ma cerca di capire sempre ciò che vede.
A chi lo consiglierebbe? 
È un libro che ha potenzialmente più di un pubblico: avvicina alla storia francese degli anni ’40 e ai temi della guerra, della persecuzione degli ebrei, della resistenza; e contemporaneamente è una riflessione sulla fotografia, utilizzabile come atto documentario e di testimonianza, o come pura arte e sperimentazione. Tutto questo viene fatto con una soavità che non è superficialità ma un planare a volo d’uccello, osservando le cose come attraverso il mirino di una macchina fotografica, e quindi con quel filtro sufficiente a renderle leggermente meno tragiche ma, per questo, più comprensibili.

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