La mia estate indaco: Manlio Castagna intervista Marco Magnone sul suo nuovo romanzo!

Lo abbiamo aspettato tanto, ed è finalmente il libreria: La mia estate indaco, romanzo d’esordio di Marco Magnone, esce oggi!

Per l’occasione, abbiamo voluto che a intervistare Marco Magnone sul suo romanzo fosse un altro autore amatissimo dai lettori italiani: Manlio Castagna (Petrademone. Il libro delle porte, Petrademone. La terra del non ritorno)!

Ho sempre amato la definizione che François Truffaut, regista simbolo della nouvelle vague francese, dava di adolescenza: “un brutto quarto d’ora da passare”. Sembra che anche per Viola e Indaco non sia proprio una passeggiata questo periodo della loro vita. Paura, vergogna, le insidie del bullismo, l’invisibilità. Cosa ne pensi?

Che è proprio così! L’adolescenza è la stagione più affascinante, e terribile e decisiva che ognuno di noi possa vivere. Affascinante perché durante quest’età tutte le strade sono aperte. Sai ancora ben poco di te e di com’è fatto il mondo là fuori, tuttavia hai una voglia matta di uscire a scoprirlo, e di farlo in fretta. Terribile perché gli ostacoli che incontri piccoli o grandi che siano a te sembreranno giganteschi. Non riconosci vie di mezzo, tutto è assoluto, nel bene e nel male, o grandi vittorie o rovinose sconfitte. Decisiva perché alla fine le scelte che compirai, il modo in cui reagirai davanti a quegli ostacoli apparentemente insormontabili, ti aiuteranno a mettere a fuoco chi sei davvero. O chi potresti diventare appena passato questo brutto quarto d’ora.

Viola e Indaco: nomi, tonalità cromatiche, sfumature di emozioni. Come hai costruito la tavolozza di colori del tuo romanzo? Hai dipinto la storia avendo già in mente un disegno o sei salito sullo scooter dei tuoi personaggi lasciandoti condurre da loro?

Tutto è iniziato da un’immagine che poco più di un anno fa ha iniziato a ronzarmi in testa: una ragazza e un ragazzo girano per un centro commerciale di provincia. Lei non ha idea del perché lui l’abbia portata lì, lo scopre solo quando il ragazzo le fa scivolare qualcosa in tasca, quindi scappa via. Lei allora che fa, lo segue? Perché? Chi è quella ragazza? E lui? Perché l’ha portata lì? Che c’è tra loro? Da quella scena ho iniziato a farmi domande del genere, fin quando mi sono ritrovato tra le mani la storia di Viola e Indaco. Due ragazzi in cerca di qualcosa che potrebbero aver perso, o non avere mai avuto; due ragazzi che cercano di abitare le contraddizioni delle proprie vite un po’ come i colori dei nomi che portano: mescolando malinconia e calore, illusioni e disillusioni.

Nei ringraziamenti scrivi che il tuo agente “Non ha mai conosciuto una tredicenne come te”, a voler dire (e io confermo assolutamente) che hai scritto il libro dal punto di vista di una ragazzina con una autenticità sorprendente. Come hai lavorato su Viola per renderla così credibile e tridimensionale?

Era una sfida con cui volevo mettermi alla prova da tempo! Per prima cosa ho studiato moltissime storie con grandi protagoniste. Penso a romanzi come Ferma così di Nina LaCour, La figlia del guardiano di Jerry Spinelli o Ti darò il sole di Jandy Nelson. Ma penso anche a serie Tv come The End of the F***ing World o a film come Lady Bird. Poi ho iniziato a chiedermi che tipo fosse Viola. Ma per scoprirlo davvero, dovevo gettarla nella storia.

La musica si muove attraverso le parole di La mia estate indaco e i riferimenti a gruppi, canzoni, cantanti sono importanti. Qual è stata la tua playlist di sottofondo alla scrittura? E quale canzone per te potrebbe essere la colonna sonora ideale della storia di Indaco e Viola?

Questa è facile: la playlist che ho ascoltato a ripetizione scrivendo è quella di Skam Italia. È una serie Tv che amo per le atmosfere e la capacità di raccontare la realtà dell’adolescenza così com’è. Senza paure né stereotipi. La canzone di Viola e Indaco invece potrebbe essere Palisades Park dei Counting Crowns, una delle mie preferite in assoluto.

Come si passa da una saga distopica e adrenalinica come Berlin, alle capriole emotive dell’estate di provincia di La mia estate indaco?

Dopo l’incredibile avventura di Berlin avevo voglia di confrontarmi con qualcosa di completamente diverso. Una storia ambientata in Italia, al giorno d’oggi, completamente realistica. Questo perché scrivere storie credo abbia anche a che fare con l’esplorare noi stessi come scrittori, le nostre attitudini, i nostri limiti. Per questo sono molto curioso di raccogliere le prime impressioni!

Stephen King ha scritto ne Il corpo (diventato poi il capolavoro cinematografico Stand by Me) che l’amore adolescenziale ha i denti. Denti che mordono con morsi che non guariscono mai. Quella dei tuoi protagonisti è soprattutto una poetica storia d’amore. E anche il loro è un amore che azzanna?

Assolutamente! La storia che vivono ha denti molto affilati. Denti che lasciano segni difficili da dimenticare, dolorosi ma allo stesso tempo necessari. Perché come scrive King proprio in quel racconto – che secondo me è il suo capolavoro assoluto – “le cose più importanti giacciono troppo vicine al punto dov’è sepolto il vostro cuore segreto”.

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