La guerra di Marco - Intervista a Marco Magnone di Davide Morosinotto

In occasione del 25 aprile, abbiamo chiesto a Davide Morosinotto di intervistare Marco Magnone, in occasione del suo nuovo libro La guerra di Celeste.


Aggettivi per descrivere Marco Magnone: una persona sorridente, divertente, ironica e soprattutto autoironica.
Ci conosciamo ormai da diversi anni e mi accorgo che lo associo soprattutto a immagini positive. I suoi libri spesso si affacciano con delicatezza sul mondo interiore dei più giovani: i loro pensieri ed emozioni, le incertezze dell’adolescenza, i primi amori…

Beh, La guerra di Celeste non c’entra niente con tutto questo. È un libro affilato, mi verrebbe da dire, avventuroso. Pieno di azione e di battaglie, di caos.
Ambientato durante la Resistenza della città di Alba, parla di Celeste e di sua sorella Flora, che perdono la madre in modo tragico e decidono di partire per vendicarsi dei suoi assassini.

 

Marco, che ti è successo? Non avevi mai scritto un libro così…

In effetti è vero: La guerra di Celeste è molto speciale per me, perché chiude una fase della mia vita di scrittore iniziata nel 2018 con La mia estate Indaco. Non è un caso che i protagonisti di quel romanzo portassero il nome di due colori, Indaco appunto e Viola, mentre questa volta tocca a Celeste: che in Piemonte un secolo fa era un nome tradizionalmente maschile, io avevo uno zio che si chiamava così.

Per me questo libro chiude una fase e ne apre un’altra: sto iniziando finalmente a capire che tipo di scrittore voglio diventare, quali storie voglio scrivere.

 

Cioè storie “di movimento”, piene di azione?

Forse per la prima volta ho scritto un romanzo dove la trama prevale sui personaggi. Sai, poco tempo fa ho riletto tutti i libri di Fenoglio, che è uno dei miei scrittori preferiti, piemontese come me.

Nei suoi romanzi, ti affezioni ai personaggi non per il modo in cui vengono descritti, o per i sentimenti che provano, ma per le cose che fanno. Per le loro scelte.

Ecco, io volevo provare a fare la stessa cosa: scrivere un libro dove l’azione spinge avanti la storia, ma serve anche a farci conoscere i personaggi.

Celeste non vuole vendere ai lettori chissà quale messaggio, non pretende di convincere nessuno delle sue verità. È soltanto un ragazzino arrabbiato che si ritrova sulle spalle il peso di una sorella più piccola. E cerca di fare la cosa giusta, vuole capire qual è la cosa giusta. Come fare per diventare una brava persona.

 

Hai parlato di Beppe Fenoglio, che è uno degli scrittori più importanti del ‘900: autore di Il partigiano Johnny, I ventitre giorni della città di Alba, Una questione privata. Cioè i grandi libri che raccontano la Resistenza italiana. Nel tuo libro ho ritrovato alcuni dei suoi personaggi, e molto del suo spirito.

Ho sempre amato Fenoglio perché, secondo me, lui scrive dei romanzi western. Come i fumetti di Tex che sono quelli su cui ho imparato a leggere.

Pensaci un attimo: lui intanto sembrava proprio un cowboy piemontese, un po’ Corto Maltese e un po’ Bob Dylan. Solitario, sempre con la sigaretta in bocca, che preferiva la penombra alle luci dei riflettori…

I suoi eroi non sono per niente eroici, non hanno tempo di fare la morale a nessuno, devono cercare di salvarsi la pelle e fare quello che devono fare. Sono spesso soli. In lotta contro nemici molto più forti di loro e contro la natura, che nei western americani è magari il Grand Canyon, qui invece sono le colline delle Langhe, con la nebbia che si insinua tra i noccioli.

Pensa anche a come Fenoglio usa i nomi dei paesi, in modo epico: “Mango”, “Neive”, come fossero “Little Big Horn”.

Io sono cresciuto con questo immaginario e adesso sogno che il mio libro possa far conoscere Fenoglio a qualche ragazza o ragazzo di oggi. Magari qualcuno leggerà La guerra di Celeste e si appassionerà, e arriverà così a scoprire Il partigiano Johnny… Sarebbe bellissimo.

 

Celeste e Flora vivono in un’epoca di guerra che è anche molto confusa. Tutto cambia velocemente, non sempre si capisce cosa è giusto e cosa è sbagliato, e il loro viaggio per le colline diventa anche un viaggio dentro loro stessi. Celeste dice bugie, tradisce. Prende la pistola e spara. Fa scelte difficili.

Ogni guerra è una guerra civile, e lascia dei morti sul campo. Vittime e orfani, e alla fine sono sempre le persone che pagano il prezzo.

Celeste è un ragazzo a cui ammazzano la madre, e tutto quello che vuole fare è vendicarsi e trovare una valvola di sfogo per il suo dolore.

È una reazione estremamente umana.

Una volta Italo Calvino ha detto che era impossibile scrivere di Resitenza dopo aver letto Una questione privata di Fenoglio, che è un libro perfetto.

Allora mi sono chiesto: cosa potevo aggiungere di mio per raccontare questo momento storico fondamentale, che è già stato raccontato tante volte, e così bene?
Forse, mi sono detto, potevo provare a ribaltare la prospettiva. La mamma di Celeste è una repubblichina, collabora con i fascisti, e Celeste e Flora partono da quella visione del mondo. L’hanno ricevuta dai genitori, e quindi ci credono, e all’inizio del libro chiamano i partigiani delinquenti e banditi. Poi nel corso della storia Celeste si ritroverà a scoprire il mondo con i suoi occhi, e dovrà confrontare la realtà con le storie che gli avevano raccontato.

È doloroso, perché significa mettere in discussione se stessi e anche i propri genitori. Ma questo è quello che succede a ogni ragazzo quando diventa adulto.

E quando Celeste troverà davvero gli assassini della madre, e capirà che cosa hanno fatto e perché…

 

Ehi ehi, niente spoiler. Però una cosa devo proprio chiedertela: a un certo punto del libro, non dirò quando e dove, ho avuto la sensazione che insieme a Celeste ci fossi anche tu, Marco, a tifare perché succedesse una certa cosa…

Mi hai beccato, è vero. Ho sempre saputo che doveva succedere quella cosa, per me era importante, fondamentale. Non so se sia stato giusto o meno, chi può dirlo, però ho fatto quello che sentivo. L’unica cosa possibile. E non posso spiegare di più, se no altro che spoiler…

 

Certo, certo. Quindi chiudiamo questa intervista come se fosse un cerchio, tornando al principio. Hai detto che La guerra di Celeste chiude un capitolo e ne apre un altro. Dove porta la tua strada adesso?

Voglio continuare su questo nuovo sentiero che ho scoperto, e scrivere un altro romanzo d’avventura, o storico, insomma un altro romanzo di movimento. E voglio vedere i miei personaggi che fanno delle cose, scelgono, sono vivi. Solo così posso imparare a conoscerli davvero.

Marco Magnone e Davide Morosinotto

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