Fabian Negrin ci racconta come ha illustrato "Giufà"

Celebrare i 100 anni dalla nascita di Italo Calvino ci permette di rileggere i suoi classici, se già li abbiamo incontrati, oppure leggerli per la prima volta!

E cosa lega lo stupore della prima lettura e al piacere della rilettura se non i discorsi attorno a quello che si è appena (ri)letto?
Per questo abbiamo chiesto a Fabian Negrin, che ha illustrato una nuova versione di Giufà e la statua di gesso, cosa avesse scoperto, riprendendo in mano il classico di Calvino. E lui ci ha risposto con un piccione…

IL PICCIONE
di Fabian Negrin

Quando sono arrivato al punto di dover disegnare Giufà davanti alla statua, una grossa difficoltà mi si è presentata davanti: come disegnare una statua?

Quando vediamo, ad esempio in una delle nostre piazze italiane, una statua, c’è una sua caratteristica che salta all’occhio: a differenza delle persone che attraversano la piazza, dei bambini che corrono, dei genitori coi passeggini, la statua… non si muove!

Se però ci troviamo a dover disegnare un bambino davanti a una statua, questa differenza scompare: in un’illustrazione sia la gente che le statue sono immobili. L’altra caratteristica che facilmente ci fa distinguere una statua da un essere vivente è il materiale col quale sono fatti. Come chiaramente spiega il titolo di questo libro la nostra statua è fatta di gesso. Giufà, invece, come tutte le persone, è fatto di carne, muscoli, capelli ecc.

Se, però, devo disegnarli, anche questa loro consistenza scompare: nel mio disegno sia Giufà che la scultura sono fatti dalla stessa materia: pigmenti alla glicerina, un po’ di tempera e acquerello, qualche colpo di matita che ancora si intravede sotto il colore. Ecco spiegata la difficoltà di disegnare una statua e un bambino che la guarda e che si capisca chiaramente che una cosa è una cosa e un’altra cosa è un’altra cosa.

mi è venuto in aiuto il piccione. È frequente vedere che le statue che si trovano in spazi aperti abbiano un piccione in testa, che da lì sembra controllare la situazione. Mi sono detto, ecco la differenza fondamentale fra un bambino e una statua, il bambino non avrà mai un piccione appollaiato sulla testa.

Soprattutto Giufà, che quando non dorme è sempre in moto. Così ho disegnato il piccione sulla testa della statua per farla diventare, senza ombra di dubbi, una statua. Anzi, il disegno di una statua.

Andando avanti nella storia, però, Giufà distrugge la statua con una zappa. Mentre disegnavo questa scena il piccione si è ripresentato nei miei pensieri. Ho pensato che alcuni lettori si sarebbero forse preoccupati dalla sorte del piccione. Era andato in mille pezzi anche lui? Così, ho pensato di disegnarlo mentre si allontana dal pericolo, spaventato certamente, ma al sicuro.

Pensavo di essermi liberato dell’uccello, invece no. Io – insieme ai lettori – ero certo che fosse al sicuro, ma dove sarebbe andato a vivere ora che la statua non c’era più? L’ho disegnato nella pagina bianca a destra dell’ultimo disegno del libro – quello con Giufà, la madre, il cane e le monete d’oro – come se l’animale fosse appoggiato sul foglio, dedito a mangiare delle briciole.

Ma non mi convinceva, non si vedeva bene. Poi, direi da solo, il piccione è volato fino al davanzale della finestra, a un metro scarso dietro la testa del bambino, dove si vede adesso. Penso sia rimasto a vivere lì.

Commenta su Facebook

Libri correlati