Morosinotto torna con un'avventura in Russia durante la Seconda Guerra Mondiale

Davide Morosinotto ,dopo il successo de Il rinomato catalogo Walker & Dawn, torna in libreria con un’altra sorprendente avventura.

Davide Morosinotto firma La sfolgorante luce di due stelle rosse, un’epopea avventurosa attraverso l’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale.

Viktor e Nadia hanno tredici anni, non si sono mai separati. Quando scoppia la guerra e Leningrado viene evacuata per sfuggire all’assedio dell’esercito nazista, le loro strade si dividono. Viktor finirà in Siberia, lontanissimo dalla sorella, e il suo viaggio per tornare da lei avrà il sapore metallico del sangue e delle armi e quello puro della neve e dell’avventura. Il romanzo si compone dei diari scritti dai due ragazzi ed esaminati da un colonnello dei servizi segreti sovietici chiamato a giudicare se le azioni dei due ragazzi siano meritevoli di encomio o di punizione. Una storia epica sulla spirito di resistenza, le atrocità della guerra e le assurdità del totalitarismo.

Abbiamo raggiunto lo scrittore per scoprire qualche curiosità in più sul suo nuovo romanzo.

 

Com’è nata l’idea per questo nuovo romanzo?

Questo libro è nato… da un altro libro. Per la precisione da un tomo di duemila pagine che parlava dell’assedio di Leningrado, una città della Russia (oggi si chiama San Pietroburgo) che durante la seconda guerra mondiale venne circondata dai nazisti per quasi novecento giorni. Un capitolo del libro era dedicato ai “treni dei bambini”: convogli di emergenza allestiti in tutta fretta, per evacuare dalla città i minori prima dell’arrivo del nemico. Nella concitazione del momento, i treni (e i ragazzi) vennero fatti partire senza le dovute cautele, e purtroppo molti di questi viaggi finirono in tragedia. In particolare mi colpì la storia di un treno che venne attaccato e distrutto dal nemico poco lontano dalla città, causando la morte di tutti i bambini a bordo. Era una notizia così sconvolgente che mi sono detto: “e se qualcuno di quei ragazzi fosse riuscito a sopravvivere?”

Lei ha definito il XX secolo come “un’epoca di follia”: ci può spiegare meglio?

Confesso che da ragazzo non amavo particolarmente la Storia. Che invece è diventata una delle mie passioni di adulto. Negli anni mi sono reso conto di sapere pochissimo dell’Unione Sovietica, e ancor più dell’Unione Sovietica durante la guerra. Quello che ho scoperto mi ha lasciato senza parole. L’esercito nazista (e quello fascista italiano, non dimentichiamo che anche noi siamo andati a combattere lì) attaccò a sorpresa una nazione gigantesca ma in pratica sprovvista di una forza armata… perché Stalin, il dittatore sovietico, aveva condannato a morte tutti i generali e i comandanti più capaci, nel timore che potessero opporsi al suo potere. Hitler in Russia adottò una politica di guerra delle più spietate, senza nessun rispetto per il valore della vita umana. E Stalin, per fermarlo, fece esattamente lo stesso: mandando in battaglia centinaia di migliaia di cittadini disarmati, con l’ordine di fermare i carri armati a mani nude. Devo continuare con le follie?

Qual è il suo legame con la Russia?

Mio nonno era un ufficiale degli alpini e partecipò alla campagna di Russia. Un’operazione militare disastrosa che terminò in una disfatta epocale. Mio nonno fu tra i pochissimi (davvero pochissimi) sopravvissuti, anche se dovette superare ben due campi di prigionia. Quell’esperienza lo trasformò, e io sono cresciuto ascoltando i suoi racconti di guerra, le persone e le cose che aveva visto. Ricordo ancora i suoi consigli: “porta sempre con te un paio di calzini di riserva”, mi diceva. “Io sono sopravvissuto perché sono riuscito a tenere i piedi asciutti.”. Io sono spesso in viaggio e mi capita di dimenticare molte cose… ma i calzini, quelli mai.

Storia e formazione si intrecciano nei suoi romanzi: quale sarà il percorso dei gemelli Viktor e Nadia?

Viktor e Nadya sono due gemelli che, come tutti gli altri ragazzi di Leningrado, vengono allontanati dalla città su uno di questi treni di bambini. Se non che, per un errore, i gemelli finiscono su convogli diversi: il treno 76 per Nadya, e il treno 77 per Viktor. Un giorno il ragazzo, che è arrivato in una fattoria collettiva a molte migliaia di chilometri da casa, legge su un giornale la notizia che il treno dove viaggiava sua sorella è stato distrutto, e non ci sono sopravvissuti. Solo che lui non ci crede. Perché beh, Viktor è convinto di avere poteri telepatici, e che quindi se sua sorella fosse morta lui l’avrebbe “sentito”.  Decide così di scappare dalla fattoria e attraversare in qualche modo tutta l’Unione Sovietica per andare a cercare sua sorella. D’altro canto, Nadya è davvero sopravvissuta, e si ritrova circondata dal nemico. Vorrebbe scappare… ma anche lei legge sul giornale la notizia del treno 76. E capisce: “quello scemo di mio fratello verrà a cercarmi. Perché, anche se non è vero, lui pensa di avere dei poteri paranormali, quindi non crederà mai che sono morta”. Perciò la ragazza decide di restare dove si trova, e difendere la posizione finché suo fratello verrà. Ecco, la storia del mio libro è questa. Due gemelli che fanno una cosa eroica che è identica eppure opposta, perché uno parte, e una resta.

Nel libro si alternano immagini, diari, appunti, documenti: come mai questa alternanza di stili?

Sapevo, fin da subito, che questa storia sarebbe stata raccontata da Viktor e Nadya in prima persona. Quando ho cominciato a scrivere, però, mi sono reso conto che quello che saltava fuori era un vero e proprio diario (confesso che mi sono anche preoccupato, perché non avevo mai scritto un diario in vita mia, neanche quando ero ragazzo, quindi non sapevo se sarei stato capace di farne uno). A quel punto, ho sentito il bisogno di differenziare in modo chiaro, anche visibile, le parti scritte da uno e quelle scritta dall’altra ragazza, e per fortuna Viktor mi ha aiutato dato che, essendo un buon comunista, voleva scrivere solo in rosso. Perciò il mio manoscritto ha cominciato a essere in due colori. A quel punto riempirlo di mappe, disegni e annotazioni, è stato abbastanza naturale e facile… facile per me intendo: in Mondadori invece è stato fatto un lavoro davvero straordinario per cercare le immagini giuste e confezionare il libro come potete vederlo oggi. Per questo non finirò mai di ringraziare tutta la squadra, che ha investito nel progetto così tanto entusiasmo ed energie. Per la prima volta da quando faccio questo mestiere, quando abbiamo finito invece di essere contento mi sono sentito molto triste, perché significava non poterci lavorare più. Speriamo che adesso tutta la fatica fatta sia valsa la pena!

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